La festa della Madonna della Rocca, oltre naturalmente a quella di San Pancrazio, Patrono di Taormina, è una ricorrenza alla quale i cittadini tengono molto. La chiesetta, risalente al XII secolo, è stata ricavata nella roccia e sorge su un piccolo monte che sovrasta Taormina, da dove si può ammirare un paesaggio unico al mondo. La devozione alla Madonna della Rocca è collegata ad una leggenda che narra di un piccolo pastorello della Mola (borgo medievale vicino a Taormina, detto oggi Castelmola) che per ripararsi da un forte temporale, entrò con il suo gregge dentro una grotta, ed ai bagliori dei lampi vide il viso di una “bellissima signora” con in braccio un bambino. Impaurito scappò lasciando lì il suo gregge e vi ritorno con i suoi genitori. Sul luogo dell’apparizione trovarono una crepa nella roccia, al cui interno vi era un dipinto raffigurante la “signora” con il bambino in braccio. Da allora, la grotta fu meta di fedeli che nel tempo vi costruirono questa piccola chiesetta, e ogni anno, la terza domenica di settembre si celebra la ricorrenza. La festa è preceduta da una Novena, cioè da una preparazione spirituale che, come dice la parola stessa, dura 9 giorni, e consiste nella celebrazione della S. Messa alle 6 di ogni mattina con la recita del S. Rosario. Nella settimana che precede la festa la piccola stradina che conduce al Santuario si riempie di bancarelle con dolciumi, giocattoli e la tradizionale “calia”, che consiste in ceci, arachidi, semi di zucca, fave, noccioline cotti al forno.
La tradizione vuole che in questi giorni di festa si vada a degustare la cosiddetta “carne infornata”, cioè agnello cotto in forni improvvisati sul luogo; il tutto accompagnato da buon vino di casa. La domenica della festa, la statua della Madonna viene portata in processione a spalla dai componenti dell’Associazione Marinai d’Italia, molto devoti alla Madonna della Rocca, nella piccola stradina che conduce al Santuario dalla Rotabile Castelmola. Era uso, in tempi remoti, che si concludesse la festa con la discesa dal Santuario da una scorciatoia, improvvisando una fiaccolata accendendo delle fascine fatte con una pianta selvatica detta “ddisi”. Il tutto si concludeva in piazza IX Aprile con un piccolo falò.